So quel che fai


"I neuroni specchio saranno per la psicologia quello che il DNA è stato per la biologia"
(Vilayanur S. Ramachandran)
  
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Come riusciamo ad afferrare immediatamente il significato delle azioni degli altri? Come ne comprendiamo intenzioni ed emozioni? Per secoli filosofi e medici dell'anima hanno cercato la risposta. Ma nell'ultimo decennio è la neurofisiologia a offrire la via più promettente. Sono stati individuati dei neuroni (neuroni specchio) dotati di una sorprendente prprietà: si attivano sia quando compiamo una data azione sia quando vediamo che altri la fanno. Questa straordinaria scoperta, i presupposti teorici e le ricerche sperimentali che l'hanno resa possibile vengono per la prima volta affrontati in questo libro. Non si tratta solo di originale esplorazione dei meccanismi neurali che sottendono molti dei nostri comportamenti individuali e sociali, ma di un'innovativa indagnie sull'evoluzione di intelligenza ed emozione, di pensiero e linguaggio. Un'indagine destinata a trasformare il nostro modo di concepire le funzioni della mente e a influenzare psicologia, antropologia, etica ed estetica.

Questo del neuroscienziato Giacomo Rizzolatti e del filosofo Corrado Sinigaglia era certamente un libro da fare. Il volume raccoglie sotto forma di saggio la letteratura specialistica che ha segnato le tappe del lungo percorso di ricerca intorno alla scoperta e all'interpretazione dei neuroni canonici e dei neuroni specchio. Non manca proprio nulla in queste pagine: le numerose schiere di appassionati (non solo di ambito neuroscientifico ma spesso anche filosofico psicologico linguistico o antropologico) troveranno qui tutti gli esperimenti con relativi presupposti teorici risultati e interpretazioni di cui con entusiasmo hanno seguito lo sviluppo nel corso di questi anni; i molti curiosi attratti dai “neuroni dell'empatia” di cui hanno letto sui giornali o sentito durante incontri o presentazioni avranno a disposizione uno strumento esaustivo e chiaro per fare il punto sullo stato dell'arte di queste ricerche che hanno rivoluzionato il nostro modo di intendere l'architettura e il funzionamento del cervello.
L'argomentazione centrale intorno alla quale sono articolati i sette capitoli del libro è che “il cervello che agisce è anche e innanzitutto un cervello che comprende”. Il significato e la portata di questa tesi risiedono nel cuore del meccanismo neurale individuato dai neurofisiologi dell'Università di Parma coordinati da Giacomo Rizzolatti. In una serie di studi condotti nel corso degli ultimi vent'anni i ricercatori hanno scoperto nella corteccia premotoria della scimmia e in seguito anche dell'essere umano l'esistenza di due gruppi di neuroni entrambi attivi durante l'esecuzione di azioni correlate a oggetti: si tratta di gesti semplici e familiari come afferrare qualcosa con la mano o portare del cibo alla bocca. La cosa sorprendente è che questi due gruppi di neuroni premotori si attivano anche in assenza di qualunque esecuzione esplicita dell'azione durante compiti puramente osservativi: i neuroni del primo gruppo rispondono alla visione dell'oggetto cui l'azione potrebbe essere rivolta quelli del secondo all'osservazione di un altro individuo che compie la medesima azione.
Seguendo gli autori possiamo fare l'esempio della tazzina da caffé: i neuroni premotori si attivano mentre ne afferriamo il manico; tuttavia per alcuni di essi l'attivazione è innescata anche dalla semplice osservazione della tazzina posata sul tavolo per altri anche dall'osservazione del nostro vicino che l'afferra per bere il suo caffé. Si tratta quindi in entrambi i casi di neuroni bimodali motori e percettivi insieme la cui attività può essere descritta mediante il medesimo meccanismo di simulazione: durante l'osservazione di un oggetto si attiva uno schema motorio appropriato alle sue caratteristiche (quali forma dimensione e orientamento nello spazio) “come se” l'osservatore entrasse in interazione con esso; allo stesso modo durante l'osservazione di un'azione eseguita da un altro individuo il sistema neurale dell'osservatore si attiva “come se” fosse egli stesso a compiere la medesima azione che osserva. I neuroni del primo gruppo sono stati chiamati “neuroni canonici” perché sin dagli anni trenta si era ipotizzato un coinvolgimento delle aree premotorie nella trasformazione dell'informazione visiva relativa a un oggetto negli atti motori necessari per interagire con esso; quelli del secondo gruppo sono stati chiamati “neuroni specchio” in quanto provocano una reazione speculare nel sistema neurale dell'osservatore in cui ha luogo una simulazione implicita dell'azione osservata.
Alla luce di questo meccanismo di simulazione neurale può essere reinterpretato il ruolo svolto all'interno dell'intero sistema cognitivo dal sistema motorio di solito connesso esclusivamente con la pianificazione e con l'esecuzione delle azioni: i neuroni bimodali individuati nella corteccia premotoria risultano fortemente implicati in processi cognitivi di alto livello in particolare nel riconoscimento percettivo di oggetti e azioni e nella comprensione del loro significato. Viene quindi meno il rigido confine tra processi percettivi cognitivi e motori che ha per anni caratterizzato l'interpretazione dell'architettura cerebrale: percezione comprensione e azione si trovano unificate in un meccanismo unitario dove per l'appunto “il cervello che agisce è anche e innanzitutto un cervello che comprende”. La comprensione per quanto concerne gli oggetti riguarda il loro significato funzionale o affordance; i neuroni canonici consentono una comprensione immediata delle opportunità di interazione che gli oggetti offrono a un soggetto percepiente (nel caso del manico della tazzina da caffé la possibilità di essere afferrato). Per quanto concerne le azioni la comprensione riguarda lo scopo che a esse è sotteso: i neuroni specchio permettono una comprensione immediata delle intenzioni degli altri individui (l'intenzione ad esempio di portare la tazzina alla bocca per bere il caffé) rendendo possibile una previsione del loro comportamento futuro.
Il libro riporta fedelmente i principali esperimenti condotti sulla scimmia e sull'essere umano. Ovviamente le tecniche utilizzate sono molto diverse: mentre nelle scimmie è possibile effettuare una registrazione del singolo neurone tramite l'inserzione intracorticale di elettrodi nei soggetti umani si utilizzano esclusivamente metodi non invasivi di imaging cerebrale come la tomografia a emissione di positroni (pet) o la risonanza magnetica funzionale (fmri) che permettono di visualizzare l'attività di intere aree cerebrali ma non di singole cellule nervose.
Nel quarto capitolo Agire e comprendere vengono descritti due esperimenti centrali per la definizione del ruolo dei neuroni specchio nella comprensione dello scopo sotteso alle azioni. Il primo ha permesso di constatare l'esistenza di un meccanismo specchio non solo in modalità motoria e visiva ma anche uditiva quando la scimmia è al buio e ascolta il rumore prodotto da un'azione: lo stesso neurone “scarica” quando l'animale rompe una nocciolina quando vede qualcuno romperla e quando sente il rumore di qualcuno che la rompe. A prescindere dalla modalità lo stesso neurone si attiva per codificare il concetto astratto di “rompere” che coincide con lo scopo con l'intenzione dell'azione. Il secondo esperimento ha invece permesso di discriminare tra un gesto di afferramento finalizzato a portare il cibo alla bocca o a metterlo in un contenitore: durante l'esecuzione della medesima azione (afferramento) i neuroni specchio si attivano in modo diverso a seconda dello scopo finale dell'azione in particolare dell'intenzione di portare il cibo alla bocca o di spostarlo nel contenitore. Nella stessa direzione sembrano andare alcuni risultati ottenuti con gli esseri umani mediante un esperimento con fmri: è stato possibile riscontrare nei soggetti sperimentali un'attivazione del sistema specchio particolarmente significativa durante l'osservazione non di azioni “pure” ma di azioni inserite nel contesto da cui si poteva evincere in modo chiaro l'intenzione che vi era sottesa. L'insieme di questi esperimenti permette di affermare che “il sistema dei neuroni specchio è in grado di codificare non solo l'atto osservato ma anche l'intenzione con cui esso è compiuto”. In accordo con il paradigma dell'embodied cognition le intenzioni altrui possono essere comprese senza alcuna mediazione riflessiva concettuale o linguistica: si tratta di una comprensione pragmatica “basata unicamente su quella conoscenza motoria dalla quale dipende la nostra stessa capacità di agire”.
Nel sesto capitolo Imitazione e linguaggio sono descritte altre due importanti funzioni attribuite al sistema specchio: una funzione imitativa intesa sia come capacità di replicare gesti già appartenenti al nostro repertorio motorio sia come capacità di apprendere schemi motori nuovi attraverso l'imitazione; una funzione comunicativa che permetterebbe di delineare un possibile scenario sull'origine del linguaggio umano connesso all'evoluzione del sistema specchio.
Al tema della condivisione delle emozioni è invece dedicato l'ultimo capitolo del libro: “Il riconoscimento delle emozioni altrui poggia su un insieme di circuiti neurali che per quanto differenti condividono quella proprietà specchio già riscontrata nel caso della comprensione delle azioni”. è stato possibile studiare sperimentalmente alcune emozioni primarie: i risultati mostrano chiaramente che osservare negli altri una manifestazione di dolore o di disgusto attiva lo stesso substrato neurale sotteso alla percezione in prima persona dello stesso tipo di emozione. Un'altra conferma viene da studi clinici su pazienti affetti da patologie neurologiche: una volta persa la capacità di provare ed esprimere una data emozione diventa impossibile anche riconoscerla quando espressa dagli altri. Come nel caso delle azioni anche per le emozioni si può parlare di una comprensione immediata che non presuppone processi cognitivi di tipo inferenziale o associativo: “La comprensione immediata delle emozioni degli altri è il prerequisito necessario per quel comportamento empatico che sottende larga parte delle nostre relazioni interindividuali”.
Lungi dall'essere confinate al funzionamento di alcune cellule nervose le proprietà specchio pervadono quindi l'intero sistema cerebrale: la stessa logica che permette di accoppiare esecuzione e comprensione delle azioni in un unico meccanismo neurale permette di descrivere la condivisine emotiva e forse anche il fenomeno della coscienza. In un recente lavoro pubblicato su “Science” la neuropsicologa Anna Berti ha individuato un analogo meccanismo di “accoppiamento neurale” per l'esecuzione delle azioni e la consapevolezza di averle (o non averle) compiute: la consapevolezza motoria che ci permette di essere coscienti delle nostre azioni condividerebbe lo stesso substrato neurale sotteso al controllo motorio delle azioni in questione.
Questa felice operazione editoriale in cui il neuroscienziato padre dei neuroni specchio è stato affiancato da un filosofo viene proposta da Raffaello Cortina nella collana “Scienza e Idee” che nel tema dell'interdisciplinarità trova il suo punto di forza. Tuttavia in questo caso è opportuno riflettere proprio sul modo in cui Rizzolatti e Sinigaglia hanno inteso il rapporto tra scienza e filosofia. Al metodo filosofico è stata attribuita la funzione quasi “redazionale” di fare chiarezza nell'esposizione e di garantire un uso pertinente di termini come “intenzione” “comprensione pragmatica” o “empatia” che certo appartengono più al lessico del filosofo che dello scienziato. Riguardo ai contenuti nessun ulteriore rimando alla filosofia (a parte qualche parco riferimento alla fenomenologia di Merleau-Ponty) si sovrappone all'intrinseco contenuto filosofico che emerge in modo spontaneo dall'esposizione degli esperimenti scientifici: la proposta dei due autori non consiste nell'instaurazione di un dialogo interdisciplinare fra filosofia e neuroscienze ma nella decisa affermazione che la scienza è essa stessa filosofia. (Francesca Garbarini, L'Indice)





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