L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello (Oliver Sacks)

L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello è un saggio neurologico di Oliver Sacks, pubblicato per la prima volta a New York nel 1985. In esso, l'autore racconta alcune sue esperienze cliniche di neurologo e descrive alcuni casi di pazienti con lesioni encefaliche di vario tipo, che hanno prodotto i comportamenti più tristi e bizzarri. Accostandosi ai casi neurologici in maniera che oggi verrebbe definita olistica, Sacks costituisce un esempio per tutti coloro che si trovano ad avere a che fare, professionalmente, con la sofferenza. Prima che casi clinici, bizzarrie neuropsicologiche, i pazienti di Sacks sono uomini e donne che, attraverso la malattia, riflettono un modo personale e originale di vedere il mondo, sono individui nella loro interezza. Sacks, richiamandosi alla tradizione di Ippocrate e Lurjia, è fautore della reintroduzione della storia clinica in medicina. Nelle prime pagine, il libro riporta una significativa citazione da Lurjia: "La capacità di descrivere, così comune nei grandi neurologi e psichiatri dell'Ottocento, oggi è quasi scomparsa... E' necessario ridarle vita."
Alla prima edizione statunitense sono seguite fino ad oggi numerosissime ristampe, che hanno reso possibile la traduzione di questo saggio in molte lingue. A determinare la sua straordinaria diffusione, oltre alla bizzarria dei casi trattati dal dottor Sacks, è indubbiamente anche il modo romanzesco in cui essi sono descritti: come dice lo stesso autore nella prefazione, « Mi sento infatti medico e naturalista al tempo stesso; mi interessano in pari misura le malattie e le persone; e forse sono anche insieme, benché in modo insoddisfacente, un teorico e un drammaturgo, sono attratto dall'aspetto romanzesco non meno che da quello scientifico, e li vedo continuamente entrambi nella condizione umana, non ultima in quella che è la condizione umana per eccellenza, la malattia: gli animali si ammalano, ma solo l'uomo cade radicalmente in preda alla malattia. » In ogni capitolo, il dottor Sacks narra di alcuni casi particolari che gli è capitato di incontrare nella sua esperienza clinica di tutti i giorni, come neurologo di una casa di cura statunitense. La componente umana di ogni sua storia, il paziente, viene descritta con toni a volte burleschi, a volte molto pietosi e tristi, mentre l'analisi clinica sulle cause che hanno provocato questo particolare tipo di comportamento è sempre precisa e rigorosamente scientifica, pur lasciandosi andare talvolta a riflessioni filosofiche (e, raramente, anche religiose) sulla natura più profonda della malattia in sé. In questo The Man Who Mistook His Wife For a Hat, lo specialista inglese ci descrive, in 24 capitoletti, dei casi clinici, portatori ognuno di una particolarità congenita o acquisita del sistema nervoso e sia che ci parli di sindrome di Korsakov, o di prosopoagnosia, o di eminattenzione, o di morbo di Parkinson, di epilessia, di asomatognosia, di afasia, della sindrome di Tourette, di insufficienza mentale, di autismo, lo fa con grande competenza professionale e umanità, oltre che con abilità e sensibilità di narratore, teso a cogliere le più sottili sfumature di ogni individuo.
L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello IL CASO Questo caso, considerato tanto importante dall'autore da spingerlo a intitolarvi tutto il saggio, narra del dottor P., «eminente musicista», che cominciò gradualmente a manifestare una progressiva incapacità di dare un significato a ciò che vedeva, ed a confondere tra di loro gli oggetti (e soprattutto le persone viventi) appartenenti alla sua vita quotidiana. Il titolo deriva proprio da una delle gaffes di questo paziente, che alla fine di un colloquio con il dottor Sacks confuse la testa di sua moglie con il suo cappello, e l'afferrò tentando di mettersela in testa. Nella sua trattazione, Sacks sottolinea più volte come il dottor P. non avesse alcun deficit visivo, ed avesse anzi uno spirito di osservazione molto acuto: semplicemente, in lui era scomparsa la capacità di assegnare un significato visivo agli oggetti che vedeva attorno a sé, sebbene fosse in grado di riconoscerli utilizzando gli altri quattro sensi. Durante un esperimento, il dottor Sacks gli consegnò un guanto, che egli fu perfettamente in grado di descrivere ma non di associare al suo significato, fino a quando non fu forzato ad indossarlo (mettendo quindi in campo il senso del tatto). « Una superficie continua, » annunciò infine « avvolta su se stessa. Dotata... » esitò « di cinque estremità cave, se così si può dire. [...] Un qualche contenitore? » « Sì, » dissi « e che cosa potrebbe contenere? [...] Non ha un aspetto familiare? Non crede che potrebbe contenere, fasciare, una parte del suo corpo? » Nessun lampo di riconoscimento illuminò il suo viso. In seguito se lo infilò per caso: « Dio mio! » esclamò « È un guanto! »

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